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  • Immagine del redattoreFabrizio Baracco

E' sempre una questione di Pressione

"de' remi facemmo ali al folle volo"





Proseguendo nella nostra piccola indagine sulle molte analogie tra l’attività subacquea e quella spaziale/aeronautica (in particolare per certi tipi di paracadutisti e per speciali equipaggi di volo), è interessante notare come le situazioni siano simili per quanto concerne la riduzione della pressione ambiente o più propriamente nel caso di una decompressione rapida.

Questa, lo sappiamo, può comportare l’insorgere di patologie da decompressione.

Analizzando, per esempio, gli astronauti sulla stazione spaziale internazionale (ISS), notiamo che essi normalmente operano a pressione normobarica, ma durante le loro attività extra-veicolari (le cosiddette passeggiate spaziali, le EVAs ), sono direttamente dipendenti dalla differenza di pressione, anche se si può dire in un senso inverso a noi subacquei.

Potremmo trovare delle analogie nelle immersioni in quota, quando queste si verificano senza un periodo di adattamento all’altitudine.

Infatti noi, facendo un immersione, ci portiamo, abbastanza rapidamente, da una condizione di pressione normobarica a condizione pressorie sempre più elevate man mano che scendiamo in profondità, e successivamente nella risalita effettuiamo la nostra decompressione, ritornando, però, con i giusti tempi, alla pressione atmosferica.

Gli astronauti invece, per intraprendere le loro attività di passeggiate spaziali, da una pressione normobarica della stazione spaziale, devono trasferirsi nelle speciali tute spaziali (spacesuites), le quali hanno una pressione operativa decisamente inferiore a quella di partenza.

In pratica essi debbono subito affrontare una decompressione rapida, quindi tra i loro vari rischi , determinati dalla particolare condizione in cui operano normalmente, si debbono anche annoverare le patologie da decompressione.

Tutto ciò perché le loro tute debbono garantire una buona manovrabilità, avere un’ottima mobilità e flessibilità, caratteristiche che sono direttamente determinate dal gradiente esistente tra la pressione interna alla tuta e la pressione dell’ambiente spaziale ( prossima allo zero), trattandosi di un ambiente di cosiddetta microgravità.

Minore sarà il gradiente pressorio, maggiore sarà la facilità di movimento per l’astronauta che indossa la tuta specifica.

A seconda delle scelte si può andare da tute con pressurizzazione operativa di 30 Kpa (200 mmHg) fino a tute con pressurizzazione di 39 Kpa (300 mmHg), ovviamente quest’ultime avranno più penalizzazioni in termini di manovrabilità.

Quindi il rischio, durante le EVAs , è l’incidente da decompressione, infatti la caduta di pressione ambiente, nel passaggio dalla stazione spaziale (101 Kpa o 760 mm Hg) alla pressione operativa della tuta espone l’astronauta a tale situazione.

Tali livelli di pressione ambientale espongono l’astronauta ad un rischio di decompressione pari a quello di una rapida esposizione barometrica di oltre 9000 m di altitudine.

Per evitare questi inconvenienti , non potendo ipotizzare una transizione lenta si può operare seguendo due strade:

- aumentare la pressione operativa all’interno della tuta , per ridurre il gradiente di pressione, ma rendendo difficili i movimenti proporzionalmente all’aumento pressorio.

- oppure , strada ormai più seguita e consolidata da un po' di anni; è quella di effettuare una pre-ossigenazione, respirando ossigeno al 100 %, per eliminare una quota parte di azoto dai tessuti prima della depressurizzazione nella tuta.

Si riesce così , a diminuire la pressione parziale di azoto a livello alveolare , creando un discreto gradiente di pressione parziale (ca 500 mm Hg) tra gli alveoli polmonari e i tessuti dell’organismo.

Assumendo che i tessuti , a pressione normo barica sono saturi di azoto , tramite la preossigenazione di ca 30 minuti si può riuscire a liberare parecchi cmq di azoto, dando un favorevole rapporto di pressione di azoto nei tessuti e pressione ambiente.

Questa procedura sta funzionando bene , considerando che, negli ultimi anni di attività spaziali, non risultano incidenti da decompressione degni di nota.

Quindi, ricordiamoci, nella nostra attività, l’importante è seguire sempre accorgimenti utili e corretti per non incorrere in incidenti da decompressione.

E cosi ogni volta che voliamo sott’acqua facciamo un pensierino ai nostri “cugini” che stanno volando alcune centinaia di chilometri sopra di noi, ma che possono in qualche modo trovarsi nelle nostre medesime situazioni e condizioni.




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1 Comment


Lidia Luscher
Lidia Luscher
Aug 08

Bell’articolo, per veri intenditori!

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